
Parliamo nuovamente delle conseguenze del covid e di cosa ha significato, a livello mondiale, l’affrontare questo nemico invisibile. Questa volta vediamo un altro aspetto delle conseguenze della pandemia.
Dallo sviluppo, dalla vendita e dalla distribuzione dei vaccini le case farmaceutiche fautrici di questo commercio hanno riscontrato un notevole aumento dei loro profitti, come in ogni mercato dove c’è un rapido aumento della domanda in vista di una preziosa offerta.
Quello che però non torna sono i trattamenti diversi riservati ai diversi stati nel mondo.
Ha fatto decisamente scalpore, infatti, il recente caso di “bullismo farmaceutico” denunciato dalla ONG Health Justice Initiative, la quale ha fatto sì che venisse alla luce un comportamento anomalo da parte della Pfizer nei confronti del Sudafrica.
Portando avanti il caso, nell’agosto 2023, la HJI ha permesso grazie alla decisione della corte che venissero resi noti tutti i documenti relativi agli accordi commerciali tra casa farmaceutica Pfizer e il governo del Sudafrica, in modo da mettere in evidenza e sottolinearne le incongruenze.
Per chi fosse interessato, trova qui il sito e la documentazione raccolta e pubblicata da HJI, qui invece per leggere il contratto tradotto in italiano.
Analizzando il documento è possibile leggere in modo molto chiaro come alcuni punti non siano stati propriamente vantaggiosi per il Sudafrica e come il trattamento riservato sia stato poco responsabile da parte di Pfizer.
Tanto per iniziare, nella sezione 2 del contratto si evince da subito come l’acquirente (il governo sudafricano) sia in netto svantaggio. Il venditore, Pfizer in questo caso, infatti si ritiene non responsabile dell’inefficacia del prodotto, di eventuali ritardi nella consegna delle dosi richieste, afferma l’impossibilità di restituire il prodotto al mittente e si avvale della possibilità di rimandare la consegna dei vaccini richiesti qualora cambiasse idea e volesse venderli prima su un altro mercato (chiaramente più conveniente del Sudafrica).
Pensandoci, il governo un paese che si trova in piena pandemia, il quale unico strumento per limitare i danni è il Lock-down e che vuole far fronte al più presto ad un’emergenza sanitaria, ha sulle spalle una pressione davvero pesante, la quale potrebbe essere utilizzata come leva per far firmare un contratto anche svantaggioso.
A sostegno di questa tesi basta leggere le sezioni 5 e 9 dove si sottolinea che il vaccino è ancora in fase di sviluppo e che l’efficacia a lungo termine non è ne nota ne garantita, così come la presenza di effetti avversi, dei quali abbiamo ampiamente parlato in un precedente articolo.
Inoltre, parlando di pagamenti e stando sia ai dati presi dai contratti resi pubblici che da fuoriuscite di informazioni, il trattamento è stato palesemente diverso in base al paese scelto.
Nel contratto con la Pfizer si legge come il prezzo concordato sia di 10$ per dose, riuscendo a strappare uno sconto sui 15.50$ inizialmente previsti, nonostante voci parallele dichiarino che il prezzo inizialmente stabilito fosse di 6.75$. Si può però notare come il prezzo concordato con la Johnson & Johnson sia stato sempre 10$, a fronte dei 8.50$ pagati in Europa, mentre per AstraZeneca il prezzo africano è stato fissato sui 5.35$, al contrario del 1.78$ concordato per i governi europei.
Sul pagamento sicuramente potrebbero influire i costi di spedizione o altri fattori diversi dal semplice guadagno, eppure il contesto parla chiaro: sommando tutti i tasselli si può notare come, anche in questo caso, il vero potere decisionale sia ricaduto nelle mani di un’industria privata e non di un governo eletto.