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Il senso del dare, perché dare e contribuire agli altri ti avvicina a Dio – Intervista a Don Marco Pagniello, direttore della Caritas Italiana

Caritas italiana
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Per parlare del modo in cui dare può avvicinare a Dio, oggi abbiamo scelto di intervistare un vero esperto: Don Marco, direttore della Caritas Italiana

“Continuiamo allora a camminare insieme sulla via degli ultimi, per cercare i lontani e invitare gli esclusi; continuiamo ad abitare i territori e le relazioni con responsabilità, facendo ognuno la sua parte con capacità profetica e rinnovata energia. Con la nostra testimonianza che, pur se fragile, mi auguro possa continuare ad essere sempre credibile, segno e annuncio della salvezza del Regno”. Don Marco

  • La Caritas Italiana svolge un ruolo fondamentale nell’aiutare le persone più bisognose. Secondo lei, perché è così importante dedicare tempo, risorse e impegno per il bene degli altri?

Don Giovanni Nervo – primo presidente e tra i padri ispiratori di Caritas Italiana – sottolineava che i doni che Dio concede a ciascuno sono diversi, in qualità e misura. Non è vero che siamo tutti uguali; nessuno è uguale ad un altro. Ciascuno di noi è originale e irripetibile. È la dignità che è uguale, perché ciascuno di noi è immagine di Dio, è figlio di Dio, è amato con amore personale da Dio. 

Proprio per questo dobbiamo mettere a frutto questi doni, a partire proprio dalla relazione con gli altri, nella prospettiva del bene comune. La fruttificazione dei talenti è la nostra risposta d’amore all’amore di Dio che ci ama. Ecco il senso della nostra esistenza in questo mondo.

  • In un contesto in cui l’individualismo sembra prevalere, quali sfide si presentano nel promuovere un’etica del dare e del contribuire nella società?

Dobbiamo partire da un presupposto: oggi – e prima la pandemia, poi la guerra e la crisi energetica e ambientale ce l’hanno confermato – tutti i popoli sono nella stessa barca e dipendiamo gli uni dagli altri sul piano culturale, politico, economico, militare. 

Di conseguenza dire oggi: «Io penso soltanto per me» significa vivere fuori dalla realtà. 

Per il cristiano, poi, che si riconosce nella preghiera del Padre nostro, è questione di coerenza con la sua fede. Siamo abituati a dire il Padre nostro e finiamo col non accorgerci che è una preghiera terribilmente impegnativa. Quelli che si rivolgono alla stessa persona chiamandola Padre riconoscono di essere fratelli a tutti gli effetti: se poi nella vita di ogni giorno non riconosciamo negli altri uomini i nostri fratelli, abbiamo mentito e offendiamo il Padre, che ama gli altri figli come ama noi. 

Ognuno allora può e deve fare la sua parte con impegno e responsabilità. 

C’è una diffusa tendenza a identificare la solidarietà con il volontariato. In realtà ci sono forme di solidarietà che vengono prima del volontariato e sono fondamentali, come il compiere con competenza, accuratezza e spirito di servizio il proprio lavoro professionale. L’articolo 4 della Costituzione lo richiede esplicitamente (La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto): questo non è un optional, ma un dovere, e viene prima del volontariato; pagare le tasse secondo il proprio reddito, anche questo è richiesto dalla Costituzione (articolo 53 Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva). Così come è dovere di solidarietà amministrare correttamente il denaro pubblico, «ut bonus pater familias -come fa il buon padre di famiglia» dicevano gli antichi; promuovere, da parte di chi ne ha la possibilità, il compito e la responsabilità, scelte politiche orientate al bene comune, con attenzione primaria ai più deboli, perché tutti i cittadini abbiano realmente eguale dignità sociale, come vuole l’articolo 3 della Costituzione (Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali). 

Tutto questo viene prima del volontariato.

Possiamo dire allora, riprendendo le parole di papa Francesco, che solidarietà “È pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, della disuguaglianza, della mancanza di lavoro, terra e casa, della negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’impero del denaro: i dislocamenti forzati, le migrazioni dolorose, la tratta di persone, la droga, la guerra, la violenza […]. La solidarietà, intesa nel suo senso più profondo, è un modo di fare la storia”.

  • Come si può incoraggiare e coinvolgere gli imprenditori a mettere in pratica l’idea di dare e contribuire agli altri, non solo a livello individuale, ma anche attraverso le loro aziende?

Una grossa sfida la logica del dono la pone al mondo economico finanziario, a quell’impresa e a quel mercato che hanno per obiettivo il profitto. 

Come ha specificato papa Francesco lo scorso anno nel suo discorso in occasione dell’Assemblea pubblica di Confindustria: “Nel mercato ci sono imprenditori “mercenari” e imprenditori simili al buon pastore (cfr Gv 10,11-18), che soffrono le stesse sofferenze dei loro lavoratori, che non fuggono davanti ai molti lupi che girano attorno”. E poi ha aggiunto: “Il buon samaritano (cfr Lc 10,30-35) poteva essere un mercante: è lui che si prende cura dell’uomo derubato e ferito, e poi lo affida a un altro imprenditore, un albergatore. I “due denari” che il samaritano anticipa all’albergatore sono molto importanti: nel Vangelo non ci sono soltanto i trenta denari di Giuda; non solo quelli. In effetti, lo stesso denaro può essere usato, ieri come oggi, per tradire e vendere un amico o per salvare una vittima. Lo vediamo tutti i giorni, quando i denari di Giuda e quelli del buon samaritano convivono negli stessi mercati, nelle stesse borse valori, nelle stesse piazze. L’economia cresce e diventa umana quando i denari dei samaritani diventano più numerosi di quelli di Giuda”.  

  • Secondo la sua esperienza, quali sono i benefici personali che si possono ottenere quando si è coinvolti nell’aiutare gli altri e nel dare alla comunità?

Aiutare gli altri è una grande possibilità ed anche una grande occasione di partecipazione, però come cristiani ci è chiesto anche qualcosa in più  del semplice prestare un servizio per altri o mettere a disposizione del tempo per fare qualcosa di buono, a noi è chiesto di testimoniare una Parola che ci ha salvato, che ci salva ogni giorno, che ci guida ogni giorno, e di uno Spirito che ci indica il nostro cammino. Questa è la grande sfida. 

Ecco perché il primato della vita spirituale è qualcosa che deve tornare ad essere vicino ai nostri pensieri, che non vuol semplicemente fare qualche preghiera in più o partecipare a qualche incontro in più nelle nostre comunità parrocchiali. Io credo che nel primato della vita spirituale noi dobbiamo vedere soprattutto, con la capacità che lo Spirito ci dona, la possibilità di leggere la realtà con gli occhi dei poveri. Questa è una delle vie che papa Francesco ci ha consegnato nel cinquantesimo di Caritas Italiana: leggere la realtà con gli occhi dei poveri. È  questo è il dono dello Spirito Santo che deve unirci.

  • La spiritualità e il senso del dare possono essere applicati anche nel contesto aziendale? Quali principi o valori possono guidare i leader imprenditoriali verso una maggiore consapevolezza sociale e un’impronta positiva?

Il primo valore in assoluto è la condivisione. Le forme sono diverse, e ogni imprenditore può trovare la propria, secondo la sua personalità e la sua creatività. 

Una forma di condivisione è la filantropia, cioè donare alla comunità, in vari modi.

Un’altra forma sono le tasse e le imposte, una forma di condivisione spesso non capita. Il patto fiscale è il cuore del patto sociale. Le tasse – giuste, eque, fissate in base alla capacità contributiva di ciascuno come recita l’art.53 della Costituzione già ricordato – sono anche una forma di condivisione della ricchezza, così che essa diventa beni comuni, beni pubblici: scuola, sanità, diritti, cura, scienza, cultura, patrimonio.

Altra via di condivisione è la creazione di lavoro, lavoro per tutti, in particolare per i giovani. I giovani hanno bisogno di fiducia, e le imprese hanno bisogno dell’innovazione, dell’energia, dell’entusiasmo dei giovani. Da sempre il lavoro è una forma di comunione di ricchezza.

Se è vero che ogni lavoratore dipende dai suoi imprenditori e dirigenti, è anche vero che l’imprenditore dipende dai suoi lavoratori, dalla loro creatività, dal loro cuore e dalla loro anima: possiamo dire che dipende dal loro “capitale” spirituale, dei lavoratori.

  • Come possiamo ispirare e coinvolgere le generazioni future a sviluppare un senso di responsabilità sociale e a fare del bene agli altri, anche nel contesto imprenditoriale?

Serve una più ampia e articolata riflessione sui vasti temi del lavoro, dell’economia e dell’innovazione sociale. Una riflessione che ci deve vedere tutti partecipi, dentro un grande movimento, un’alleanza, capace di aggregare soggetti diversi nel proporre e sostenere i valori comuni della reciprocità e della fraternità, dell’equità e della democrazia stessa.

Dentro questa cornice si sviluppano infatti le azioni volte alla lotta alla povertà, alla costruzione del benessere collettivo, alla ricerca del bene comune, alla promozione del capitale sociale, in particolare attraverso i due grandi valori della solidarietà e della sussidiarietà, fondamentali per il perseguimento della coesione sociale, oggi più importante che mai in Italia, in tutta Europa e ovviamente a livello globale in tutto il mondo. 

L’apporto dell’economia reale e della finanza, in questa direzione, può essere notevole, se prevalgono approcci basati sulla dignità umana e sulla responsabilità, tali da rendere l’economia al servizio dell’uomo, di ogni uomo e di tutti gli uomini, e la finanza orientata da principi etici.

Ai giovani economisti, imprenditori e imprenditrici di tutto il mondo, invitati ad Assisi nel 2020 per “The Economy of Francesco”, il Papa ha proposto un percorso per arrivare a un “patto” per cambiare l’attuale economia e dare un’anima all’economia di domani.

Ha sottolineato come i giovani, con il loro desiderio di un avvenire bello e gioioso, sono “già profezia di un’economia attenta alla persona e all’ambiente” e sono “capaci di ascoltare col cuore le grida sempre più angoscianti della terra e dei suoi poveri in cerca di aiuto e di responsabilità, cioè di qualcuno che risponda e non si volga dall’altra parte”. 

Se i giovani sapranno ascoltare il loro cuore, si impegneranno senza paura nella costruzione di una nuova società. 

“Le vostre università, le vostre imprese, le vostre organizzazioni – ha aggiunto papa Francesco – sono cantieri di speranza per costruire altri modi di intendere l’economia e il progresso, per combattere la cultura dello scarto, per dare voce a chi non ne ha, per proporre nuovi stili di vita. Finché il nostro sistema economico-sociale produrrà ancora una vittima e ci sarà una sola persona scartata, non ci potrà essere la festa della fraternità universale”.

  • Quali messaggi o suggerimenti vorrebbe condividere con i nostri lettori su come il dare e il contribuire agli altri possono arricchire la loro vita e avvicinarli a una dimensione più spirituale?

Nel suo discorso ad Assisi del 24 settembre per The Economy of Francesco, il Papa ha ammonito: «Fino a quando il nostro sistema produrrà scarti e noi opereremo secondo questo sistema, saremo complici di un’economia che uccide. Chiediamoci allora: stiamo facendo abbastanza per cambiare questa economia, oppure ci accontentiamo di verniciare una parete cambiando colore, senza cambiare la struttura della casa? …. Forse la risposta non è in quanto noi possiamo fare, ma in come riusciamo ad aprire cammini nuovi perché gli stessi poveri possano diventare i protagonisti del cambiamento» (Discorso per l’evento “Economy of Francesco”, Assisi, 24 settembre 2022). 

Allora è necessario ed urgente immaginare nuove strade e modalità per coinvolgere e responsabilizzare la società intera, ad ogni livello dai soggetti pubblici a quelli privati, dai settori economici a quelli no profit, dai territori alle comunità, per opporre alla società dello “scarto” un nuovo modello economico che non metta da parte gli esclusi. 

“Qualunque sia la carriera che sceglierete, medici, operai, impiegati, insegnanti permettetemi di proporvi una seconda vocazione. Diventate strenui sostenitori dei diritti civili. Fate che questo diventi parte centrale della vostra vita. Vi renderà migliori medici, migliori operai, migliori impiegati, migliori insegnanti. Arricchirà il vostro spirito come nient’altro può fare. Vi darà quel raro senso di nobiltà che nasce solo dall’amore, dall’altruismo verso il suo simile. Fate che l’amore per gli altri diventi per voi una carriera. Impegnatevi nella nobile lotta per i diritti civili. Farete di voi stessi persone più grandi, del vostro paese una nazione più grande e costruirete un mondo migliore”. (M. Luther King, discorso del 18.4.1959)

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Francesca Turriciano

Sono una copywriter. E mi ritengo veramente “fortunata” perché per lavoro posso “giocare” con le parole ogni giorno. Ma non solo. Posso dare sfogo a tutto ciò che amo: leggere, soddisfare la mia curiosità infinita e vivere una vita “piena”. Sì, perché il lavoro del copywriter non si ferma alla scrittura. Ogni parola che scrivo è solo la punta dell'iceberg di un mondo ricco di idee, emozioni e visioni. In effetti la scrittura ha creato “un prima e un dopo” nella mia vita ed è stata la chiave che ha aperto la porta alla mia vera essenza. Quando ho lasciato entrare la creatività, ho dato il via a un circolo virtuoso che ha portato nuova energia e tanti stimoli interessanti. È stato come un risveglio che mi ha catapultato in una nuova dimensione, fatta di scoperte sempre diverse, avventure straordinarie e storie da raccontare. Oggi sono qui per condividere questo pezzetto di viaggio insieme ad altri lettori che, come me, sono appassionati della vita e dei suoi infiniti racconti.

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