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Gli NFT sono ancora un affare?

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Le montagne russe sono molto divertenti, ma non sono altrettanto apprezzate nel mondo del business. Eppure, affascinano sempre. E gli NFT stanno decisamente cavalcando quest’onda. “Non-Fungible Token” è stata senza dubbio la parola del 2021, con un mercato da 17 miliardi di dollari che ha “umiliato” i 150 milioni registrati nel 2020; tuttavia il 2022 ha segnato una fragorosa battuta d’arresto. Tutto perduto? A quanto pare no: i primi mesi del 2023 hanno portato in dote uno straordinario ritorno di fiamma che, stando al Global NFT Market Report 2023-2027, è destinato a una costante crescita grazie a comunità sempre più solide e alla fiducia degli investitori.

COSA SONO GLI NFT

Come detto in apertura, NFT è un acronimo che sta per “Non-Fungible Token”. Parliamo, quindi, di token digitali con un valore unico che non possono essere sostituiti da altri token. L’autenticità, la provenienza e la proprietà dei beni digitali sono garantite da un codice univoco che viene registrato sulla blockchain creando, così, una tracciabilità permanente.

IL SUCCESSO NEL MONDO DELL’ARTE

Il settore su cui gli NFT hanno avuto un impatto maggiore è sicuramente quello dell’arte. La dimostrazione empirica arriva dai 69 milioni di euro raggiunti durante un’asta da un’opera di Mile Winkelmann, meglio conosciuto come Beeple. Pensate che la base di partenza era di soli 100 dollari! Il fatto suscitò così tanto scalpore da essere trattato persino al Saturday Night Live. L’opera – Everydays: the first 5000 Days – non è altro che un collage di fotografie di personaggi famosi – come ad esempio Donald Trump e Jeff Bezos – e di immagini astratte che, una volta unite, non raffigurano nulla di particolare. A prescindere dalla bontà artistica, che resta alquanto discutibile, si potrebbe sostenere che sia un’autentica follia considerarsi proprietari di un banale collage a casaccio di immagini facilmente scaricabili. E di primo acchito sarebbe anche difficile dare torto a una simile considerazione. I sostenitori degli NFT, però, risponderebbero a questa obiezione dicendo che tutti, quando andiamo al museo del Louvre, scattiamo una foto alla Gioconda, ma questo non significa che ne possediamo una copia originale: abbiamo solamente una sua foto priva di valore. Ed è su questo piccolo, ma decisivo, dettaglio che si fonda il mercato degli NFT.

La tecnologia si presta a ogni forma d’arte: per esempio un musicista può creare un brano e permettere ai propri fan di acquistarlo come pezzo unico su cui sarà poi possibile ricavare una percentuale sulle successive vendite. Oppure è in gran voga l’utilizzo di NFT nei videogiochi: al momento non hanno intaccato il settore “mainstream”, ma tra gli sviluppatori indipendenti si sta facendo strada l’idea che permettere ai giocatori il possesso di oggetti virtuali o di abilità uniche sia una strada verso il guadagno facile, sia per il team di sviluppo, che per il giocatore stesso, che può rivedersi l’equipaggiamento acquistato.

Insomma, le vie della blockchain sono quasi infinite e si prestano a una miriade di attività finanziarie legate al mondo della creatività. 

E NEL MONDO AZIENDALE?

Il discorso si fa più controverso se parliamo di aziende più tradizionali. O forse suona “strano” semplicemente perché meno esplorato.

Un’idea di marketing intrigante potrebbe essere rappresentata da esperienze uniche e speciali da riservare come premi ai clienti più fedeli o a coloro che partecipano a specifiche iniziative promozionali.

Oppure un brand di lusso potrebbe associare al proprio prodotto un NFT che ne certifichi l’autenticità, o che ne racconti la storia.

Di musica abbiamo già parlato, ma un discorso analogo si adatta perfettamente anche al settore dell’editoria, dove un editore potrebbe vendere edizioni limitate dei propri libri digitali per la somma felicità dei collezionisti.

Il concetto si presta, chiaramente, a una strategia di marketing che preveda anche la figura di un influencer o di una celebrità come uomo/donna immagine del proprio marchio. È un po’ triste da constatare, ma è indubbio che NFT collezionabili “griffati” da personaggi famosi possano attrarre un gran numero di acquirenti.

E in generale gli NFT si sposano perfettamente con tutto l’universo di licenze grazie alla blockchain, che garantisce al 100% sia i diritti d’autore, che la tracciabilità delle transizioni.

LE CRITICITÀ

Il fatto che si tratti di prodotti digitali non significa che non abbiano un impatto sul mondo reale.

Il più importante riguarda l’ambiente: la maggior parte degli NFT si basano su blockchain ad alta intensità energetica, quasi mai ricavata da fonti rinnovabili. Così come avviene per le criptovalute, non è sbagliato dire che gli NFT sono attualmente molto inquinanti. È vero che stanno nascendo meccanismi meno energivori, o che alcune piattaforme adottano pratiche per compensare le emissioni di carbonio generate dalle transizioni, ma la totale sostenibilità è ancora lungi dall’essere raggiunta.

Un’altra sfida riguarda la frode e la contraffazione: trattandosi di un mercato nuovo, sono emerse controversie legate all’autenticità di NFT, soprattutto di alcune opere d’arte digitali. Vero che la blockchain dovrebbe evitare simili “sorprese”, ma è inevitabile che siano nate anche piattaforme fraudolente, o quantomeno meno rigorose nei controlli.

CONCLUSIONI

Gli NFT sono ancora un mondo da esplorare, e come tale aperto a ogni destino. Potrebbero essere una delle più grandi bolle speculative degli ultimi anni, oppure diventare il “sogno americano” dell’economia digitale.

Allo stato attuale la tecnologia si presta molto di più ai settori legati alla creatività, ma ci auguriamo di avervi regalato alcuni spunti per poter essere pionieri in un mercato che è in salute e in costante evoluzione.

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