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Chi spia i tuoi dati online? Ecco 12 punti sacri per proteggersi sul web

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È il 10 aprile 2018, davanti al Congresso degli Stati Uniti d’America compare Mark Zuckerberg, CEO di Facebook. Con aria tesa e preoccupata, il giovane miliardario si trova a dare spiegazioni sul come abbia fatto Cambridge Analytica a somministrare un test a milioni di utenti sulla piattaforma social più conosciuta al mondo per poi appropriarsi indebitamente dei dati sensibili di più di 87 milioni di utenti

Zuckerberg finisce per assumersi la responsabilità della gestione inefficiente delle politiche di privacy e per scusarsi pubblicamente e davanti al congresso, dando però il via ad una corsa ai ripari dai commercianti di dati.

Lo scandalo è stato uno spartiacque tra un’epoca nella quale si affrontava la navigazione sul web alla leggera e quella che possiamo ribattezzare “era dei Big Data”, nella quale siamo ormai ben consapevoli della mole di dati che lasciamo in giro su internet e alla quale ci siamo ormai abituati.

Ma cosa significa Big Data? Fondamentalmente, grazie ai dispositivi elettronici e al perenne collegamento online del quale non possiamo fare a meno, il web è rifornito ogni giorno di miliardi e miliardi di dati che, per essere gestiti, classificati ed analizzati, non richiedono più solo un po’ di pazienza e logica ma sistemi informatici sempre più complessi e potenti. Parliamo di una mole tanto grande da essere difficile anche da immaginare: parliamo di zettabyte di dati (dove il byte è l’unità fondamentale del dato informatico) cioè cifre seguite da almeno 21 zeri

Spoiler: il numero è destinato ad aumentare vertiginosamente.

Attualmente riversiamo i nostri dati ovunque, anche in modo indiretto. Ciò significa che tramite registrazioni, email, chat, blog e sistemi simili non solo rilasciamo i nostri nomi, cognomi, indirizzi, date di nascita e altri dati anagrafici, ma dalla nostra navigazione qualunque sito potrebbe risalire a dati ben più specifici e preoccupanti. Mai sentito parlare di Cookie? Sono una sorta di piccolo tracciamento utilizzato per personalizzare la navigazione e fornire all’utente un’esperienza di navigazione con pubblicità e impostazioni su misura, in base alle precedenti navigazioni. Ogni volta che accediamo ad un sito e clicchiamo “Accetta” con leggerezza sulla schermata che compare, acconsentiamo a farci monitorare durante la navigazione. 

È possibile monitorare e calcolare quanto tempo spendiamo a guardare un’immagine, a leggere una frase, il numero di visite fatte ad una voce specifica del motore di ricerca o di un blog, cosa ci piace e cosa no, cosa desideriamo comprare, la nostra situazione clinica, l’interesse verso una persona specifica, dove siamo stati, dove progettiamo di andare, in che luogo ci troviamo in quell’esatto momento, quanto abbiamo speso il mese scorso, se ci stiamo informando per chiedere un mutuo o se sospettiamo che il partner ci tradisca. Addirittura si può risalire al modello del dispositivo che stiamo utilizzando, ad una stima del nostro livello di energia fisica e mentale o al nostro stato emotivo.

Tutto. 

Ci sono dati a sufficienza per dedurre tutto quello che è vantaggioso sapere.

Si analizzano ad esempio i tempi che spendiamo in un determinato sito o la frequenza di utilizzo del dispositivo, l’orario, e altri dati tecnici che, se organizzati con logica, permettono di risalire ai dati elencati prima. È frequente anche l’analisi vocale di cosa diciamo e di come, grazie alla tecnologia degli audio nelle chat, delle chiamate e dei sistemi interattivi come Siri, Cortana, Alexa, permettendo anche un’analisi dello stato emotivo tramite tono e volume della voce. Il tutto solo pronunciando “ok Google!”

Immaginate di essere inalberati per un motivo qualsiasi e di vedere casualmente, scorrendo il feed di Instagram, la pubblicità di un’automobile o di un pantalone che volete. In un momento di fragilità emotiva, avendo gli scudi abbassati, non è raro che si ceda ad un acquisto con la scusa del “un pensierino me lo merito, che diamine!”. Ebbene, ciò non è più fantascienza, ma è un sistema legalizzato e regolamentato per scopi commerciali.

Si potrebbe pensare “ma figurati se a qualcuno importa quali post di Instagram guardo mentre sono in bagno!”, eppure a chiunque oramai è successo di parlare ad alta voce di un prodotto e di vederne subito dopo la pubblicità sul sito appena aperto. È il mercato del terzo millennio.

Un mercato intelligente, in evoluzione, che si muove non più sulla legge della domanda e offerta ma su quella della conoscenza. Più si conosce il proprio cliente e più è facile identificarne un bisogno o un punto debole, un vuoto da colmare con una pubblicità studiata minuziosamente per curare ogni suo male. L’importante è comprare.

E se questo è il mercato legale, quello illegale prevede anche la compravendita di identità e conti rubati. Il dark web (una parte della rete internet nascosta e difficile da visitare) prevede siti dove comprare armi, droghe, servizi di spionaggio, per arrivare anche alla compravendita di identità digitali, documenti falsi, conti rubati, email, password, indirizzi, numeri di telefono e qualunque dato sia possibile dedurre, scrivere o recuperare. 

Sicuramente l’emozione legata a queste parole non sarà delle più positive e rassicuranti, ma è possibile imparare a schermarsi da tali furti e non seminare più tanto facilmente i dettagli delle nostre vite. Abbiamo riassunto qui 12 punti per iniziare a costruire la propria sicurezza online, a non cedere più informazioni sensibili e a informarsi meglio su come muoversi sul web.

  1. Utilizzare un browser che non tiene traccia di cookie o dati personali, quindi niente Chrome, Firefox, Safari e i più comuni. Consigliamo DuckDuckGo o Tor.
  2. Usare una VPN ogni volta che si naviga, specie se si utilizzano WiFi gratuiti, ad esempio NordVPN, ProtonVPN e simili; ne esistono anche di gratuite.
  3. Cancellare account inutilizzati e non strettamente necessari.
  4. Non scrivere in chat dati sensibili (anche nomi di account), evitare di usare siti di incontri o chat alternative e poco sicure.
  5. Non pubblicare foto di documenti personali come patente, carte d’identità, passaporti, pagelle, esami clinici.
  6. Usare un sistema di autenticazione a due fattori per accedere ad un account (anche tramite numero di telefono).
  7. Usare un antivirus e una scansione periodica dei dispositivi elettronici.
  8. Modificare le impostazioni dei motori di ricerca più utilizzati come Google per tutelare la propria privacy (consigliamo questa guida per approfondire).
  9. Criptare i propri messaggi ed email con sistemi adeguati. Consigliamo Protonmail o simili. 
  10. Non pubblicare foto di abitazioni o soggetti sensibili come minorenni.
  11. Disattivare ogni geolocalizzazione dalle impostazioni del telefono.
  12. Cambiare periodicamente le password utilizzando caratteri in minuscolo, maiuscolo, numeri, caratteri speciali e soprattutto evitando date di nascita, nomi, parole di senso compiuto o troppo corte (si consigliano un minimo di 15 caratteri).

E per concludere il consiglio più grande è, come sempre, usare la testa e un oculato discernimento ogni volta che si utilizza un dispositivo collegato al web. Questi strumenti ci facilitano la vita e hanno un enorme potenziale per il benessere comune e per il business sempre e solo se usati nel modo corretto e con consapevolezza. Studiare e conoscere ciò che si fa e si usa sono sempre le massime migliori per vincere al gioco della vita.

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Francesco Iavarone

Francesco Iavarone è un esperto di apprendimento e da anni lavora nel settore aiutando ogni mese decine di studenti e professionisti. La passione per la ricerca e la scrittura nascono sui banchi di scuola per poi diventare una vocazione vera e propria. Dottore in fisica, ama studiare, indagare e scrivere di temi di nicchia, scrivendo con l’intento di far emergere la verità dai fatti presentati e investigati.

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