
Un’intervista a Violina Ivanova
Violina è un’imprenditrice, una donna, una moglie e mamma della splendida Avelin. Come tante sue colleghe si fa in quattro per riuscire a fare tutto al meglio. A volte ci riesce, altre no. A volte va fiera di sé, altre volte non si sente all’altezza delle grandi sfide che una donna ambiziosa come lei non può non affrontare lungo il suo percorso.
Violina è una cittadina del mondo. Nata e cresciuta in Bulgaria, ha tagliato il suo primo traguardo laureandosi in Francia. Completa poi i suoi studi universitari in Italia, a Torino, ed è lì che incontra Luca, suo marito e suo socio. Ma prima di costruire una vita e un’azienda con colui che sarebbe diventato il padre di sua figlia, Violina lavorava come dipendente. Mai si sarebbe immaginata di dedicare la sua vita alla creazione di un’impresa, rischiando tutto e tutta se stessa.
Ma quando la vita ha un piano per noi è difficile evitarlo. L’agognato contratto a tempo indeterminato non sembra più essere sinonimo di stabilità di fronte alla voglia di comprare una casa in cui vivere. Intenti a cercar l’immobile perfetto Luca e Violina realizzarono presto che i loro sogni, con i soldi che avevano a disposizione (nonostante il posto fisso e il contratto) non sarebbero mai stati sufficienti per poter comprare ciò che desideravano davvero.
Erano ad un bivio: accontentarsi, o lottare per realizzare i loro sogni. Scelsero la seconda opzione. Violina fece vincere la sua vera natura, quella da imprenditrice, da spirito libero e donna indipendente. Quella che da piccola l’aveva spinta a soli quattordici anni a produrre e a vendere bracciali colorati per iniziare a costruire il suo capitale.
È così che nel 2017 fonda con il marito la sua azienda nel settore degli investimenti immobiliari: la LV Srl. Le case, ciò che per un po’ di tempo era stato un freno, una, un ostacolo e uno stress diventò la principale fonte di reddito della coppia. E che reddito!
La salita è stata ripida, trovare il proprio posto nel mondo non è mai qualcosa di semplice. Bisogna fare i conti con le proprie paure e le proprie ombre. Violina lo sa bene, ha gli occhi di chi conosce la sofferenza perché è capace di apprezzare la bellezza.
“Agli inizi non fu facile. Il mondo dell’edilizia e in generale degli investimenti immobiliari non è popolato da moltissime donne. Per di più il mio accento ‘straniero’ non mi aiutava ad essere incisiva e autorevole. La cosa che mi faceva più male erano gli interminabili silenzi con le persone. Alcuni non mi rispondevano, altri nemmeno mi guardavano negli occhi. Era come se fossi trasparente. I loro gesti erano molto più eloquenti. Braccia conserte, passi indietro, sguardi dall’alto verso il basso.”
“Cosa c’era che non andava in me? Il fatto che fossi giovane? Che fossi una donna? Che fossi straniera? Per molto tempo ho cercato una causa, una ragione che colmasse tutta la mia rabbia e tutta la mia frustrazione. Una giustificazione per le trattative andate male, per gli anni persi a comprendere la strada giusta per me. Un alibi pronto per un eventuale insuccesso. Eppure non stavo meglio, non era un sollievo pensare di essere una vittima. Certo, qualche atteggiamento era condannabile, ma io? Io cosa stavo facendo per cambiare le cose? Nulla.”
A volte non ce ne rendiamo nemmeno conto, ma è con le nostre stesse mani che spesso rischiamo di rovinare tutto. Siamo noi, soprattutto noi donne, a cercare una qualsivoglia ragione per sentirci inadatte, imperfette e incomplete così come siamo. Ci giudichiamo, ci guardiamo con gli occhi del rifiuto. E così facendo è un rifiuto dopo l’altro ciò che otteniamo. Ci autosabotiamo salvo poi lamentarci del fatto che è il mondo ad essere un luogo cattivo.
“A un certo punto ho cambiato prospettiva, è bastato che mi facessero una domanda: ‘di chi è la responsabilità?’ Sembrerà banale, ma io non ci avevo mai pensato davvero. La mente fa brutti scherzi quando si scende nel limbo del vittimismo. Capii che potevo influenzare le cose se solo l’avessi voluto. Se partivo prevenuta su una cosa, era certo che poi la mia previsione negativa si sarebbe avverata. Del resto i nostri comportamenti sono la conseguenza dei nostri pensieri.”
Prova a pensare a questa situazione. Sei in una stanza e di fronte a te ci sono altre due persone che si parlano all’orecchio. Tu non puoi sentire le loro parole. Non sai che cosa stiano dicendo. Ora, di fronte a questa scena, tu potresti interpretare le cose in due modi.
Potresti pensare che 1) quelle persone stiano parlando male di te, oppure che 2) ti stiano facendo un complimento. Nel primo caso la tua mente inizierebbe ad andare in difensiva. Inizieresti ad aggrottare la fronte e le sopracciglia, a mettere uno scudo e prepararti all’attacco. Con questo mood di certo quelle persone non si avvicineranno a te e alla fine inizieranno a pensare che tu sia scorbutica, brontolona, frustrata, aggressiva, ecc, ecc. Inizieranno dunque a parlare male di te, proprio come ti eri immaginata facessero. Ma le cose potrebbero andare diversamente.
Pensando che quelle persone ti stiano facendo un complimento tu andresti incontro a loro con grande apertura. Saresti allegra, sorridente, pronta a sentire ad alta voce i complimenti che quelle persone ti stavano facendo sottovoce e in privato. Questo tuo modo di fare indurrebbe quelle persone ad aprirsi a loro volta. Anche se fra loro, all’orecchio, non ti stavano facendo alcun complimento, di fronte al tuo atteggiamento brillante e allegro cambierebbero idea, e alla fine, sì, ti farebbero un complimento per davvero, magari ad alta voce, guardandoti negli occhi!
Sei tu a decidere come far andare le cose, sei tu la padrona della tua realtà. La responsabilità è tua. Che cosa vuoi vedere? Che cosa ti dici allo specchio? Contro chi punti il dito quando non ottieni i risultati che vorresti?
“Una volta mia figlia mi ha chiesto: Mamma, perché fai un lavoro da uomo? Ti vedo sempre che stai con papà o altri uomini quando sei a lavorare”.
Inizialmente non capivo il perché di quella domanda e decisi di andare più a fondo. ‘I miei compagni dicono che il tuo non è un lavoro per una mamma’ – continuò Avelin e per un attimo mi sentii disarmata. Feci un respiro profondo e chiesi a mia figlia quanto le importasse il giudizio degli altri. Mi rispose che in fondo non le importava così tanto, ma che non poteva totalmente fregarsene di ciò che pensavano gli amichetti di scuola che incontrava ogni giorno. E in fondo aveva ragione. Doveva imparare a far fronte alle sue emozioni, ai suoi dubbi e ai suoi pensieri.
Mi resi conto di quanto stesse crescendo, di quanto stesse maturando rapidamente. Capii che era il momento di dirle qualcosa di molto importante, qualcosa che spesso ripeto anche a me stessa.
Non esistono lavori da uomo o da donna, esistono lavori che alle persone piace o non piace fare. Un gatto mica rifiuta le tue coccole perché è maschio, no? Allora perché io, te o chiunque altro in questo mondo dovrebbe rifiutare di essere felice in virtù del suo genere? Spesso le persone ridicolizzano o mettono in dubbio le nostre scelte perché non riescono ad uscire dai propri schemi mentali. Per loro non è importante la sostanza, per loro ciò che conta è l’apparenza. Queste persone necessitano di etichettarti, di inquadrarti dentro qualcosa che sia a favore o contro di loro.
Tu lascia che dicano, ma mentre lo fai, ricordati di non considerarti mai una vittima: ci sarà sempre qualcuno pronto a criticarti, la verità però è che tu hai il potere di attrarre persone pronte ad ammirarti. Devi iniziare tu: ammira te stessa, ammira altre bambine, altre donne, fai complimenti, congratulati dei successi altrui. Sii te stessa e combatti per la tua libertà, la tua realizzazione. Vedrai che piano piano a forza di farlo ti circonderai delle persone giuste, quelle pronte a spingerti al di là dei tuoi stessi sogni.
Tu puoi fare ogni cosa.
Tu puoi essere felice.